Tristezza, avvilimento, mestizia, malinconia: sono le prime parole che vengono in mente quando si parla di Stellantis. Prosegue l’agonia delle fabbriche: cassa integrazione a Termoli (Campobasso in Molise) dal 16 al 22 dicembre 2024. Situazione legata alle temporanee sospensioni produttive dei modelli negli impianti di Pomigliano (Napoli, Campania). Mentre Cassino (Frosinone nel Lazio) si ferma un giorno, il 29 novembre (da ontratto di solidarietà in vigore fino al 31 dicembre), perché non ci sono ordini. Nelle due zone, dolore, sconforto e sofferenza. In questo clima di cupezza e tetraggine.
L’esecutivo auspica ben altro
Di contro, il governo Meloni chiede a Stellantis investimenti. Auspica un nuovo piano d’investimenti convincente e sostenibile per l’Italia entro il 16 dicembre 2024. A quanto pare, dopo incontri e tavoli, fra il Gruppo guidato da Tavares e il ministero delle Imprese (titolare Urso) non c’è molta sintonia. Dopo ogni riunione, le cose peggiorano. A questo punto, meglio che si parlino solo a distanza.
Guai Stellantis
Il Gruppo dice che vuole garantire la continuità delle sue attività italiane. Ma ha osservato che sta affrontando un percorso impegnativo: questo “richiede scelte difficili e non offre soluzioni facili”. Stellantis sta affrontando sfide a livello di settore come la bassa domanda di auto elettriche e la concorrenza della Cina. Sta anche lottando con inventari negli States che l’hanno portata a tagliare le previsioni di profitti e flussi di cassa. Jeep non è più la gallina dalle uova d’oro che faceva arrivare dollari freschi.
Gigafactory di Termoli: ormai un miraggio
Stellantis è stata sollecitata dal governo a chiarire le sue intenzioni sullo stabilimento di produzione di batterie in stallo a Termoli (Molise). A dire il vero, che se ne fa la multinazionale di un sito per accumulatori, se le elettriche in Italia non si vendono e se in Europa vanno a picco? Si vorrebbe dalla società anche una nuova piccola auto per aiutare a sostenere il settore dei componenti. Anche Mercedes s’è tirata indietro, alle prese con questioni pesantissime, specie in Cina.
Per il governo Meloni, una gatta da pelare enorme. Altro che un milione di veicoli l’anno prodotti in Italia a salvagurdia dell’occupazione e dell’indotto: con Stellantis in crisi e coi cinesi che stanno alla larga dal nostro Paese, si dovrà forse ragionare su mezzo milione. Seppure.